La chiesa
medievale è stata recentemente riscoperta a Matera nel cuore del
rione "Civita" ad opera di due appassionati studiosi della
civiltà rupestre;
Angelo Fontana,
guida turistica e il Dott.
Raffaele Paolicelli, Operatore dei Beni Culturali. La chiesa,
completamente scavata nella calcarenite, è di indubbia rilevanza
per il valore storico, architettonico e artistico (grazie anche
alla presenza di notevoli affreschi databili al XIII-XIV
sec.).
I due
ricercatori dopo aver eseguito i rilievi planimetrici hanno
avviato un percorso di studio imperniato su ricerche e
consultazioni di fonti archivistiche per il riconoscimento
storico da attribuire al sito. Dal loro lavoro è emerso che la
probabile intitolazione della chiesa rupestre possa essere
quella di San Pietro de Morrone. Si tratta dell'eremita che nel
1294 divenne Papa con il nome di Celestino V e che abdicò dopo
pochi mesi. Dopo la sua morte l'Ordine dei Celestini, si diffuse
in tutta Italia e nel 1313 Pietro de Morrone fu canonizzato
Santo.
A Matera il
documento più antico che segnala la presenza di una Parrocchia
dedicata a "S. Petri de Morrone" risale all'epoca
angioina e precisamente al 1318, si tratta del testamento del
Connestabile De Berardis, grazie al quale si può individuare in
modo abbastanza preciso la data di intitolazione della chiesa
rupestre. Non si conosce il periodo di escavazione della chiesa
e neppure se prima del 1313 avesse un'altra intitolazione.
Il nome della
chiesa ricorre anche nei secoli successivi come riportato in
alcune delle "Pergamene di Matera", presenti nell'Archivio
Statale di Napoli, esse oltre a testimoniare il prosieguo
dell'attività religiosa indicano l'ubicazione della chiesa nel
rione "Civita" presso l'omonima contrada di San Pietro «de
Morronibus».
Da un documento
redatto in occasione della Visita Pastorale di Mons. Fabrizio
Antinori del 1623 si apprende come la chiesa risultasse ancora
attiva pur necessitando di un parziale restauro.
L'ubicazione
della chiesa è confermata dal manoscritto redatto dal Canonico
Belisario Torricella del 1774 il quale la indica “...nel
mezzo della salita selciata, e publica strada, che conduce al
venerabile Monistero di Santa Lucia delle Benedettine v'era una
Chiesa colla sola facciata di fabrica detta da più secoli, e con
linguaggio corrotto Santo Pituddo, che oggi, e da molti anni si
vede ridotta in Cantina, qual Santo, in linguaggio toscano, sona
S. Pedrino. ...”
Nel secolo
successivo era già abitazione e nel 1960 fu sfollata e murata in
seguito alla legge De Gasperi del 1952.
La straordinaria
scoperta ha visto immediatamente coinvolta la Soprintendenza
Bsae della Basilicata in un primo sopralluogo di verifica della
consistenza e della qualità dei dipinti murali a vista e dello
stato conservativo del supporto murario, con conseguente
determinazione ad effettuare interventi urgenti di protezione
dell'accesso, di pulizia del sito e delle aree circostanti, al
fine di poter procedere alla realizzazione della documentazione
grafica e fotografica necessaria alla redazione del progetto di
restauro.
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